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Utopìa y Praxis Latinoamericana
versión impresa ISSN 1315-5216
Utopìa y Praxis Latinoamericana v.14 n.47 Maracaibo dic. 2009
Il Profetismo di Nietzsche
The Prophetism of Nietzsche
Laura Zavatta
Università degli Studi del Sannio. Facoltà di Economia - Via Calandra - 82100 Benevento (BN), Italia. E-mail: izavatta@unisannio
RESUMEN
Il profetismo di Nietzsche rivela la décadence della civiltà occidentale e sprona gli uomini, coi messaggi di Zarathustra, ad appigliarsi ad una filosofia nuova posta al di là del bene e del male: la Morte di Dio e lUmwertung, la Volontà di potenza e lÜbermensch, lEterno ritorno delluguale. Secondo Heidegger, il nichilismo nietzscheano non è solo il processo di svalutazione dei valori supremi ma è lo stadio preliminare di una nuova posizione di valori; non è totale declino (Niedergang), ma trapasso (Übergang) a nuove condizioni di esistenza, in cui gli uomini saranno capaci di amare in toto la vita (amor fati) e se stessi.
Parole chiave: Décadence, nichilismo,Umwertung, Übermensch.
ABSTRACT
Nietzsches prophetic vision reveals the décadence of Western civilization and encourages men, with Zarathustras messages, to cling to a new philosophy positioned beyond good and evil: Gods Death and Umwertung, the Will to Power and the Übermensch, the Eternal return. According to Heidegger, Nietzsches nihilism is not only the process of devaluating supreme values, but it is the preliminary stage of a new set of values; therefore it is not a total decline (Niedergang), but a transfer (Übergang) to new conditions of existence, in which men will be capable of loving life (amor fati) and themselves totally.
Key words: Décadence, nihilism, Umwertung, Übermensch.
Recibido: 14-04-2008 · Aceptado: 18-08-2009
1. UNO SPETTACOLO IN CENTO ATTI: IL CROLLO DELLA MORALE
Si può dire, quasi certamente, che lannuncio di Nietzsche allumanità sia il messaggio del suo Zarathustra1, vale a dire la profezia di un moralista laico, divenuto consapevole della decadenza dei grandi valori ritenuti per secoli il fondamento della vita e della civiltà europea2.
Il pensiero del grande filosofo tedesco anticipa esperienze cruciali del 900 probabilmente incalzando, con la sua appassionata denuncia, uno stato di crisi già palpabile nel suo secolo, e lambendo luoghi e tempi della coscienza e del sentire postumani con lanalisi della decadenza e del nichilismo europeo. Il dissolversi degli ideali tradizionali, lo smarrimento di ogni baricentro, la contaminazione di arcaiche appartenenze, mostrano limpossibilità di dare un nome al tutto e fanno percepire lingombrante presenza di una forza che comunque la si chiami e la si esorcizzi: volontà di potenza, con il termine da lui prescelto, oppure élan vital (Bergson), Leben (Rimmel, Klages), Inconscio (Freud), Archetipo (Jung), Demoniaco (T. Mann) non appare più governabile dalla ragione, anzi, sembra asservirla alle proprie cieche finalità3. Lantagonismo tra Apollo e Dioniso, messo in rilievo da Nietzsche, eccitando dicotomie insuperabili (ordine/caos, logica/mistero, anima/corpo, spirito/materia, cultura/ natura), finisce col dilatare dubbi sulla linearità della ragione accrescendo lo spessore irrazionale della vita4. Apollineo e dionisiaco, volontà cosciente e incoscio, scienza dotta e istinto, gioia e terrore, percezione di luce e presagio di ombre, muoiono e si rigenerano in uno disfarsi e rifarsi senza fine5 caratterizzando anche il linguaggio di frammenti, pluralità, separazione6.
Incombe, dice Nietzsche, la percezione della morte di Dio e la caduta del cristianesimo e dei suoi valori, che riversa sul destino della civiltà occidentale un grave smarrimento nel quale ogni certezza metafisica sembra perdersi e il significato della vita svanire. Per colmare lo spaventoso senso di vuoto, lumanità cercherà a lungo di inseguire valori assoluti sostituendo al vecchio Dio altri idoli7. Ma il filosofo ammonisce che occorre porre fine alla volontà di autoingannarsi con la verità, quella sorta di errore senza cui, pure, lhomo communis sembra non riesca a sopravvivere divenendo preda del nichilismo più minaccioso. Tuttavia lillusione deve cessare: non si può più guardare la natura e il mondo come prova della bontà e della protezione di un Dio, né interpretare le vicende della propria vita così come è stato fatto per tanto tempo, «come se tutto fosse voluto, tutto fosse cenno, tutto fosse escogitato e inviato alluomo per la salvezza della sua anima»8. Leggere la storia alla luce di una presunta ragione divina in grado di conferire al mondo un ordine etico e sicure finalità morali, per Nietzsche, è solo indice di bugiarderia, debolezza, viltà; è un volersi trincerare dietro credenze del passato percepite ormai, da tutte le coscienze argute, come qualcosa di indecoroso e disonesto.
Il cristianesimo, divenuto una sorta di cura del sonno, è un vecchiume cadente e ipocrita che, secondo il filosofo tedesco, non può reggere e spiegare più nulla. Esso «come dogma è crollato, per la sua stessa morale»9. Dopo aver tratto una deduzione dopo laltra, la verità cristiana deve trarre alla fine «la sua conclusione più drastica, la sua conclusione contro se stessa». Siamo sulla soglia di questo avvenimento. «Crolla dora in poi su ciò non sussiste dubbio la morale: quel grande spettacolo in cento atti che rimane riservato ai prossimi due secoli dellEuropa, il più pauroso, più problematico, e forse anche più ricco di speranza di tutti gli spettacoli »10.
1.1. IL SENSO DIONISIACO DELLESISTERE
Per sollevarsi dal decadimento, occorre dunque rivalutare il senso mistico della vita che appartiene agli artisti e guardare con coraggio le cose in faccia11 accettando la tragicità e la dimensione dionisiaca dellesistere12. Dividere il mondo in un mondo vero e in un mondo apparente, alla maniera del cristianesimo come alla maniera di Kant, è solo una suggestione della décadence, un presagio di vita declinante. Lartista tiene lapparenza in maggior pregio della realtà, dacché lapparenza significa solo e ancora una volta realtà. «Lartista tragico non è pessimista, - dice precisamente sì anche a tutto ciò che è problematico e spaventoso, è dionisiaco »13. Il grande istinto ellenico si esprime soltanto nei misteri dionisiaci, nello stato danimo del dio Dioniso. In esso si manifesta prepotentemente la volontà di vivere.
Si può, dunque, godere di tutta lattrattiva e la meraviglia della vita, accettandone le conseguenze tragiche e i limiti14. Luomo non deve mai rinunciare a vivere, ma sentirsi totalmente vivo, accogliere la sfida, soffrire per cercare la bellezza, la felicità, lamore, la conoscenza, ben sapendo di dover affrontare anche la tragedia, perché tutte queste cose la comportano. Amare la vita non è facile, perché essa nasconde «tanti orrori, riserva [ ] tanti dolori, tante cose brutte»15. Lamore per la vita, allora, deve essere un amore leale, senza finzioni, simile a quello di un figlio verso la madre: un amore senza riserve, un amore fedele, che non discute, che non giudica. La madre può essere e fare tutto, e suo figlio, semplicemente perché è suo figlio, la ama. Questo amore porta Nietzsche a combattere la battaglia moraleggiante contro quelli che, dicendo di amare la vita, in realtà, come accade ai filosofi, la vogliono bloccare16.
1.2. IL NICHILISMO NIETZSCHEANO
Se è dunque vero che, per il pensatore tedesco, la vita umana, la terra, luniverso, non hanno scopo né significato, e che la sua opera inizia con la negazione delletica e della religione, il nichilismo nietzscheano, tuttavia, come dice Heidegger,
«non è solo il processo di svalutazione dei valori supremi, e neppure soltanto lestrazione di questi valori. [ ] La svalutazione dei valori non finisce con una progressiva perdita di valore da parte dei valori, al modo di un rigagnolo che si perde nella sabbia; il nichilismo si compie nella estrazione dei valori, nella eliminazione attiva dei valori. Questa ricchezza essenziale interna del nichilismo è ciò che Nietzsche ci vuole rendere chiaro»17.
Dunque il nichilismo è da intendersi, nel senso di Nietzsche, «come storia, cioè al tempo stesso positivamente come stadio preliminare di una nuova posizione di valori, e in modo così deciso da esperire proprio il nichilismo più estremo non come totale declino (Niedergang), ma come trapasso (Übergang) a nuove condizioni di esistenza»18. I nuovi valori devono essere valori di conservazione e di rafforzamento delluomo, risultati da determinate prospettive di utilità per il mantenimento e il potenziamento della vita.
Il motivo della negazione dei valori e del loro rovesciamento (Umwertung) è motivato, dunque, da un ardente amore per la vita, da un profondo trasporto per tutto ciò che esiste, per tutta lesperienza, sia buona che cattiva, fatta di dolore e di piacere. «Hai mai detto sì al piacere? Oh amico mio, allora tu hai detto anche sì al dolore. Tutte le cose sono connesse, gemellate, innamorate luna dellaltra»19.
I nuovi filosofi, i filosofi dellavvenire, saranno spiriti liberi e potranno essere chiamati tentatori. Saranno, anchessi, amanti della verità? «Molto probabilmente sì, giacché tutti i filosofi hanno amato finora le loro verità. Ma certamente non saranno dei dogmatici»20, non vorranno che la loro verità debba essere una verità per tutti; questo andrà contro il loro orgoglio e contro il loro gusto, benché ciò, finora, sia stato «il desiderio segreto e il senso recondito di tutte le aspirazioni dogmatiche»21. I filosofi dellavvenire, saranno spiriti liberi,
«pieni di cattiveria contro gli allettamenti della dipendenza che si celano negli onori o nel denaro o nelle cariche o nelle esaltazioni dei sensi; riconoscenti verso il dio, il diavolo, la pecora e il verme [ ], curiosi fino al vizio, indagatori fino alla crudeltà, con dita senza scrupoli per cose inafferrabili»22.
Saranno amanti nati, giurati e gelosi della solitudine, della solitudine più profonda, più notturna, più meridiana. E il più grande fra tutti sarà «colui che saprà essere il più solo, il più nascosto, il più divergente, luomo che sarà al di là del bene e del male, il signore delle sue virtù, luomo stracarico di volontà»23.
Se è vero, dunque, che la mancanza di un senso metafisico della vita rischia di gettare luomo in un nichilismo passivo e rinunciatario, nondimeno egli può superarlo riconoscendosi fonte di tutti i valori e di tutte le virtù. Luomo, con la sua volontà di potenza, in un eterno ritorno delluguale, in un nichilismo attivo, può imporre i propri significati e la propria volontà alla vita24.
1.3. LA TRASVALUTAZIONE DEI VALORI
Per valore, dice Heidegger, Nietzsche intende
«ciò che è condizione della vita, cioè del potenziamento della vita. Trasvalutazione di tutti i valori significa porre per la vita, per lente nel suo insieme, una nuova condizione mediante la quale la vita viene spinta fino a se stessa, cioè oltre se stessa, e solo così diventa possibile nella sua vera essenza. Trasvalutazione altro non è se non quello che il peso più grande, il pensiero delleterno ritorno, deve operare»25.
Luomo deve dunque spingere la vita fino a se stessa, oltre se stessa, nella consapevolezza delleterno ritorno delluguale. Dopo la scoperta della morte di Dio, egli è capace di reggere il pensiero che luniverso non ha un senso, consapevole di dare, da sé, dopo aver operato la trasvalutazione di tutti i valori, con nuovi valori, significato alla vita26. Attraverso le tre metamorfosi dello spirito, di cui Nietzsche scrive in Cosi parlò Zarathustra, la sentenza Tu devi viene ad essere mutata in Io voglio, ed infine in un Dire di sì quasi sacro, rappresentato dalla figura del bambino gioioso. Il nichilismo di Nietzsche si trasforma, così, nel suo opposto: diventa laffermazione che tutto esiste, benché in nulla esista causa o scopo27.
Le classiche opposizioni del pensiero, compresa la dicotomia Essere/Divenire, sono solo il riflesso di un gioco di specchi. La rottura con Hegel verte sul rifiuto dello schema che lega lessere e il divenire nel senso che il primo fornisce il fondamento e la garanzia definitiva dei processi dinamici, prerogativa invece del secondo. Il pensiero «abissale» che sconvolge Nietzsche nellagosto del 1881 a Silvaplana è allora la scoperta dellassoluta dinamicità della realtà, la scoperta che non esistono lessere e il divenire, ma esiste lessere del divenire nel suo eterno ritornare. E ritornare è precisamente lessere del divenire, luno del molteplice, la necessità del caso»28. Dunque lessere è esattamente limpossibilità di essere una prima volta, secondo quanto sostiene lo stesso Freud il quale spiega i complessi con un movimento per il quale quando essi insorgono si sono sempre-già prodotti, la loro essenza è la ri-proposizione29.
Tentando di passare dal piano della negazione a quello dellaffermazione, «il senso della filosofia di Nietzsche sta nel porre il molteplice, il divenire, il caso come oggetto di affermazione pura»30. La nebulosa della differenza sostituisce Hegel con Nietzsche e Sade, ossia la sofferenza del negativo con il godimento dellaffermazione. La dimensione totalizzante del negativo ha caratterizzato lintero patrimonio della ragione classica e tutti i suoi fondamenti concettuali - ovvero il soggetto, loggetto, lidentità, la contraddizione, i giudizi di valore, ecc. Il pensiero nietzscheano li sostituisce con unaffermazione prepotente della vita che si manifesta nella differenza delle volontà di potenza, nella verità di ogni fenomeno o attimo, nella ripetizione del loro puro apparire, nelleterno ritorno. Questa è la vera molla che sostituisce la negazione con laffermazione e che smaschera
«il carattere mistificatorio e consolatorio dellhegeliano e marxiano travaglio del negativo, per illuminare invece i tratti del libertino sadiano. [ ] La potenza del Sì scalza dunque il millenario potere del No minando il mondo dellidentità: non esistono né Origine né Fine, né Fondamento né Superficie, né Fatti né Senso, ma tutto è infinità di interpretazioni, maschere che nascondono altre maschere. E che soprattutto non sono e/o divengono, ma ritornano. In altri termini leterno ritorno, nel rifiuto del binomio essere-divenire segna il discrimine tra luniverso solare e totalizzante della ragione classica e i percorsi accidentati della differenza»31.
Verrà finalmente un giorno in cui luomo accetterà lidea che il mondo non è lopera ben meditata di un creatore, impostato sulla ragionevolezza e sulla finalità, e che non sale allinfinito, seguendo leggi interne, indirizzato a gradi di sviluppo sempre più elevati. Il mondo è
«un enorme gioco di forze, di viventi volontà di potenza lottanti tra loro, i cui singoli raggruppamenti ritornano di eternità in eternità. Lintera natura organica, aria, terra, acqua, monti e valli, sole e luna, tanto quanto le piante, lanimale e luomo [ ]. Luomo odierno non rappresenta affatto il punto più alto nella organizzazione di potenza della Natura, e si possono ben pensare, al disopra di lui, figure più alte, superuomini; ma tanto luomo quanto il superuomo nellinfinito circolare della girante ruota dei tempi sono esistiti già infinite volte e ritorneranno ancora infinite volte»32.
1.4. UN TERRENO PIÚ PURO E LA VOLUNTÀ DI POTENZA COME UNICA MORALE POSSIBILE
Opinione diffusa è che il rapporto di Nietzsche con la religione sia quello di unostilità e di unavversione amarissima, giacché egli dichiara una spietata guerra a coltello al cristianesimo e intitola LAnticristo uno dei suoi libri più famosi. Ma, si è anche detto, chi sa scrutare lessenza delle religioni e penetrare il senso delle opere nietzscheane, non da ospite fugace, forse non prova difficoltà a riconoscere che la sua filosofia è la preparazione teorica di un terreno più puro per la religione. Nietzsche, la cui personalità, paradossalmente, secondo questa interpretazione, è eminentemente religiosa33, ovvero propria di chi sa di essere in occulto e messianico contatto con la verità, tenta di materializzare con ostinazione, affidando allinchiostro la forza delle sue rivelazioni, il suo più intimo credo. Questo intimo contenuto non consiste nel riconoscere linsindacabile verità di un certo numero di dogmi, e tanto meno nel sentirsi membri di una comunità mistica. Piuttosto è «quellintimo stato danimo in cui le forze del nostro spirito arrivano agli estremi confini di se stesse»34; è la posizione di un uomo la cui volontà e il cui sentimento desidera penetrare il complesso di tutto ciò che è, la totalità della vicenda del mondo35.
Lumanità, nella sua evoluzione, dovrebbe proiettarsi, secondo Nietzsche, verso tutto ciò che eleva il senso della potenza. La volontà di potenza, la potenza stessa delluomo, è lunica morale possibile, ed essa dovrebbe porsi come obiettivo il raggiungimento di qualcosa di migliore, di più forte, di più elevato. E questo qualcosa di migliore, di forte, di elevato, è un tipo umano di valore superiore; qualcosa che in rapporto con lumanità nel suo insieme è una sorta di superuomo, più degno di vivere, più certo dellavvenire. Tipi umani di superiore valore sono già esistiti, anche abbastanza spesso, ma come caso fortunato, come eccezione; mai come qualcosa di voluto. Lumanità infatti non mira ad allevarli, anzi li teme, «e prendendo le mosse dal timore è stato voluto, allevato, raggiunto il tipo opposto: lanimale domestico, lanimale darmento, luomo come animale malato - il cristiano »36.
2. L HOMO COMMUNIS
Linvocata uguaglianza delle anime non è altro, per Nietzsche, che una bieca falsità, un pretesto per le rancunes di tutte le anime ignobili, principio di decadenza dellintero ordine sociale. Il fine dellaltruismo, anche in quella forma massimamente istituzionalizzata che è lo Stato moderno, è solo un ostacolo a riconoscere lindividuo nella sua differenza e uno strumento occulto che mira, per sua convenienza, a rendere tutti uguali. Nietzsche scorge nelle politiche statali e sociali un ostacolo per lindividuazione, e una elaborazione dellhomo communis37, la quale altro non è che una trasmutazione forzata della natura umana, volta a un fine specifico e pericoloso. «Luomo comune ed uguale viene desiderato solo perché gli uomini deboli temono il forte individuo e preferiscono, in luogo dello sviluppo verso lindividuo, lindebolimento generale»38. La morale odierna, dunque, giustifica lindebolimento generale sulla stessa linea del cristianesimo che ha voluto indebolire e rendere uguali uomini forti e spirituali per assecondare gli interessi degli uomini deboli, calibrando, a loro esclusivo vantaggio, le relazioni sociali. Le verità assolute, difatti, «sono strumento di livellamento, esse corrodono e distruggono le forme caratteristiche»39.
La società europea, sulla scia della morale dominante, produce «la pappa molle, la sabbia malleabile dellumanità. La tendenza dei giudizi universali è la comunanza dei sentimenti, cioè la loro povertà e fiacchezza. È la tendenza verso la fine dellumanità»40. Lhomo communis, luomo uguale allaltro uomo, dotato di identici sentimenti e giudizi, non esiste in realtà, ma solo come forzatura della realtà. E lumanità, ridotta allhomo communis, a sabbia malleabile, si consumerà per irrealtà, logorandosi nella miserabilità e nella fiacchezza dellanimo, dei sensi, dei pensieri, dei costumi.
Nietzsche ha ragione nel costatare i gravi problemi dellindividuo e della collettività, i quali, col trascorrere dei secoli, si sono allontanati lungo cammini divergenti, e continuano ad allontanarsi.
«Ciò che la collettività si attende dallindividuo, presuppone in lui, è sempre diverso da quello che egli scopre in se stesso come autentico, sorgivo. E chi è qualcosa di più che una formica, chi vuol lasciare dietro di sé una traccia durevole tra le apparenze, il suo strascico, di cometa o di lumaca, viene frantumato dal mondo umano, non dalla sua ostilità, ma semplicemente dalla sua estraneità, dalle sue regole, dai suoi comportamenti, dalle sue consuetudini»41.
Larmonia del mondo antico effettivamente è perduta, e forse questo spiega la nostalgia di Nietzsche e lelogio così spesso rivolto allantichità, nella quale lindividuo, con le sue doti personali, poteva ancora rifulgere42. Invece avviene che lapparizione nel mondo di una grande personalità generalmente si accompagni «al quadro di unesistenza tragica, quando non intervenga un temperamento accomodante o vile a preservare lindividuo»43. Ma quale importanza può avere, per gli uomini cosiddetti postmoderni, se proprio Nietzsche non riuscì a realizzare la vita integra che tanto proclamava?
«E certo la curiosità pettegola dei nostri contemporanei, che si è gettata avidamente sulla disgregazione delluomo, non è riuscita a sminuire per nulla lespressione di questo individuo, ciò che lui mise fuori di sé, sopra di sé. Poiché, in un mondo che stritola lindividuo, Nietzsche è stato capace di farci vedere lindividuo non piegato dal mondo. Questo risultato lo raggiunse in unepoca che si è compiaciuta - e il compiacimento oggi è anche più forte - di mostrare la vita spezzata, lindividuo fallito»44.
È vero, la persona di Nietzsche è stata frantumata, ma ciò non dimostra nulla contro di lui. In cambio egli ci ha lasciato unimmagine diversa delluomo, e cè daugurarsi che con questa, onestamente, possiamo misurarci noi postmoderni.
3. IL PARERE DI JASPERS SU NIETZSCHE
Nietzsche, per Jaspers, diventa un educatore; ma solo nella misura in cui sapremo «dominare quelle illusioni a cui egli ci conduce in modo cosi seducente»45. Spesso, invece, i nichilisti utilizzano a loro piacere le espressioni, le affermazioni e le posizioni estreme di Nietzsche allontanandosi dal suo pensiero. «La profondità di ciò che è possibile, insita nella tendenza nietzscheana alla negazione, può portare nel nichilismo a mascherare il nulla nellentusiasmo per il nulla; e, per velare appunto ciò che vi è di insopportabile, bisogna che sorga questo rumoroso vociferare, che è nello stesso tempo un modo illusorio di vagheggiare, e che sembra ispirato dai testi di Nietzsche»46
Ma proprio il momento storico della svolta della nostra civiltà occidentale deve indicare il modo in cui Nietzsche può diventare il nostro educatore, non con insegnamenti dottrinari o asserzioni perentorie, ma grazie al fatto che con lui sperimentiamo le possibilità dellesserci umano, tentiamo possibili valutazioni, aumentiamo la nostra sensibilità ai valori. Con Nietzsche, infine, veniamo condotti ai limiti e dunque allorigine della nostra coscienza. «Nel fuoco del suo pensiero, il nostro esserci, messo alla prova dalla sua illimitata sincerità e dal pericolo insito nel suo metter tutto in discussione, può infine purificarsi e rendersi intimamente conto del proprio autentico essere-sé»47.
4. IL DELITTO CONTRO L UMANITÀ
Nel fuoco del pensiero nietzscheano, secondo lespressione usata da Jaspers, brucia la denuncia dellallarmante stato di degrado e di infiacchimento della civiltà occidentale, imputabile innanzitutto al cristianesimo con il suo apparato ecclesiastico arroccato in istituzioni e ordinamenti secolari che del messaggio evangelico presumono farsi portavoce. Lintera umanità ha subìto un grave crimine: essa è stata immiserita, resa incapace di vivere e di amare in modo autentico. Ma responsabile di questo delitto contro lumanità non è solo il cristianesimo e ogni morale dellaltruismo che ad esso si ispira. Colpevoli sono anche le istituzioni e le strutture politiche, sociali e giuridiche di cui si è andata, via via, sovraccaricando la nostra civiltà. Da un lato, religione e morale, hanno cercato di svalutare la vita terrena e carnale condannando, nel contempo, tutte le qualità degli uomini superiori a favore dei deboli e della loro debolezza; dallaltro, i modelli uniformi di comportamento delle società, sottoposti a istituzioni giuridiche autorevoli - ad esempio lo Stato, la famiglia, la scuola, il partito - hanno impedito allindividuo di sviluppare e fortificare le sue risorse specifiche come invece avrebbe potuto. Nietzsche si oppone anche alla metafisica e ai filosofi48, alle cui costruzioni articolate e laboriose non crede, sebbene per tutto il percorso della sua fervente vita intellettuale egli abbia probabilmente cercato di elaborare una filosofia sistematica - sulla cui inattuabilità Jaspers ha scritto pagine mirabili49. Anche la scienza moderna, con i suoi fautori, si rivela spesso un porto fuorviante per la natura delluomo. Essa è solo il calco più recente dellideale ascetico, con la sua fede nella verità come valore in sé, superiore ad ogni altro valore50.
5. LUMWERTUNG
Ma una gaia scienza si interroga sul vero significato dei cosiddetti valori morali e diviene consapevole che essi sono un pericoloso segno di impoverimento anziché di pienezza della vita. E si indirizza ai figli dellavvenire, ai senzapatria, a coloro che vivono con disagio il proprio tempo, agli spiriti liberi amanti dellavventura e del pericolo, ma ostili ad ogni ideale. Gli spiriti liberi non vogliono tornare indietro verso nessun passato, ma neppure si adoperano per il progresso e per laffermarsi delluguaglianza e della pace tra gli uomini. Essi sanno vivere uno stato di gaiezza che si può provare solo abbandonando la morale corrente, ponendosi al di là del bene e del male, slegandosi da molti ormeggi vischiosi, conquistando una condizione di leggerezza paragonabile alla danza.
Già in Umano, troppo umano, Nietzsche, dopo aver colto lesigenza di capovolgere tutti i valori per salvare lumanità, si pone una serie di domande inquietanti: se non sia forse bene il male; se Dio non sia solo uninvenzione e una finezza del diavolo; se tutto non sia, in ultima istanza, falso; se, essendo noi ingannati, non siamo per ciò stesso ingannatori, anzi, se non dobbiamo essere per forza ingannatori. Proprio la morale, visti gli errori da cui trae la sua origine, rappresenta il maggior pericolo per la vita delluomo. Ma lUmwertung, il capovolgimento radicale, lo svilimento dei valori morali, può compiersi solo approfondendo fino alle sue ultime conseguenze linclinazione delluomo teoretico alla verità, quellincendio che, a partire da Platone e dalla fede cristiana, è divampato fino a noi: lamore per la verità. Proprio questo tipo di amore, che ha preso sentieri fuorvianti, può consentire di levare la maschera alle presunte verità che fondano la morale tradizionale e che invece inducono lumanità in esiziali errori. Occorre liberarsi dalla credenza che esistano la giustizia, lamore per il prossimo, Dio, la Verità. Il processo di liberazione inizia con labbattere lerrore che è andato avanti per millenni: la fede in Dio. Il declino inarrestabile della fede in Dio, libererà lumanità dalla coscienza della colpa. Si dischiuderà una breccia per il nichilismo attivo, capace di conseguire il ribaltamento di tutti i valori.
Ma a chi, gli uomini postmoderni, dovranno appigliarsi con le loro speranze? Questa la risposta che Nietzsche dà ai posteri:
«A filosofi nuovi, non resta altra scelta; a spiriti abbastanza forti e originali per dare impulso a valutazioni opposte e per trasvalutare, rovesciare i valori eterni; a precursori, a uomini dellavvenire, i quali stringano nel presente il vincolo e il nodo che costringerà la volontà di millenni a prendere nuove strade. Per insegnare alluomo che lavvenire delluomo è la sua volontà»51.
6. LO SPIRITO ORIGINALE E I MESSAGGI DI ZARATHUSTRA
Zarathustra è lo spirito forte e originale che viene tra gli uomini per dare impulso a valutazioni nuove, per insegnar loro a rovesciare e trasmutare i valori eterni. Zarathustra è il Gesù Cristo di Nietzsche, il suo Messia, un mito della modernità che si serve del linguaggio simbolico per riuscire ad annunciare agli uomini messaggi essenziali, di vitalità primordiale e salvarli dalla loro condizione infelice.
A Zarathustra venuto nel mondo per vincere la svalutazione della realtà, per sollecitare la capacità degli uomini di superarsi, per prospettare futuri alitanti che eternamente ritornano, a questo Zarathustra, secondo Nietzsche, luomo deve prestar fede.
6.1. LETERNO RITORNO
Zarathustra si fa portavoce sulla terra di tre solenni messaggi: la morte di Dio, lautosuperamento vitale che luomo può fare di se stesso, la dottrina delleterno ritorno.
Ecco in cosa si traduce leterno ritorno. Tutto quello che è rettilineo mente, dice il nano a Zarathustra. Tutte le verità sono ricurve, il tempo stesso è un circolo. E Zarathustra risponde al nano: «Guarda [ ] questo attimo! Da questa porta maestra detta Attimo si diparte allindietro una via lunga ed eterna: dietro di noi si stende uneternità. Quelle che fra le cose possono camminare non devono per forza aver percorso una volta questa via? Non deve ogni cosa che può accadere essere già accaduta, compiuta, passata oltre?»52. Ciò che ritorna non è qualcosa in particolare, ma il carattere conflittuale delle antinomie, che contrappongono ininterrottamente elementi propri dellesperienza empirica, ma anche valori, scopi, verità.
«[ ] tutte le cose eternamente ritornano e noi con loro, [ ] noi siamo già esistiti un numero eterno di volte, e tutte le cose con noi. [ ] Ora muoio e dileguo, diresti, e in un attimo sarò un nulla. Le anime sono mortali come i corpi. Ma il groviglio di cause in cui sono implicato ritornerà, - e mi riprodurrà! Io stesso sono una delle cause delleterno ritorno»53.
Nel mondo nato dalle rovine dellidentità, secondo linterpretazione nietzscheana di Deleuze, non torna lessere né tanto meno luno; ma lo stesso ritornare è istitutivo dellessere che si afferma nel divenire e delluno che si afferma nel molteplice.
«Torna il ritornare, nelle innumerevoli possibilità offerte dal gioco. Se il lancio di dadi sta dalla parte del caso e la combinazione che ne deriva dalla parte della necessità, leterno ritorno è il risultato del tiro e la sua riproposizione. È così conferito un nuovo statuto alla forma del pensiero, in grado di cogliere la necessità del caso, luno del molteplice, lessere del divenire. In altri termini, in grado di cogliere che ritornare è lessere di ciò che diviene»54.
Eterno ritorno significa, allora, divenire senza inizio e senza fine. Leterno ritorno delluguale (ewige Weiderkehr des Gleichen) è incessante divenire della conflittualità, da cui scaturisce la necessità di cogliere e vivere linnocenza di ogni attimo. Infatti, non solo le cose da valutare divengono senza sosta, ma anche i criteri di valutazione divengono incessantemente. Su nulla, dunque, è possibile dare un giudizio definitivo ed assoluto. Il divenire è giustificato in ogni attimo55. La sua innocenza induce a svincolarsi da ogni finalismo, e, di conseguenza, dalla falsa certezza che le condotte siano intenzionali, dalla presunzione che la storia umana abbia uno scopo, dallipotesi che luniverso si evolva in qualche direzione precisa, dallillusione di poter capire e dare una definizione inequivocabile ad ogni azione umana. Leterno ritorno, non può essere recitato nemmeno nella prospettiva del ciclo, che causa il «disgusto» e lo «schifo» di Zarathustra, perché con esso sarebbe ripetuto il nichilismo delle forze reattive contro le forze attive, e immortalato il trionfo della logica negativa delle opposizioni sulla logica positiva della creazione. Leterno ritorno di Zarathustra, invece, è unontologia selettiva che annuncia la fine della «degenerazione» della storia e si gioca sul piano totalmente positivo di unaffermazione che afferma se stessa: il divenire del mondo lieve e copioso delle volontà, rappresentato da Dioniso. Questa è la differenza tra il «sì» dellasino e il «sì» di Zarathustra: il primo assume pesi che mortificano la vita, il secondo crea valori che la esaltano. Sfuggendo alla presa della dialettica, affermare significa alleggerire la vita. Il ritorno della differenza come affermazione, si inscrive in un processo di ripetizione che libera dal nichilismo eliminando le «mezze volontà» e liberando le forme superiori di esistenza condensate nella figura del superuomo.
Grazie allannuncio delleterno ritorno, il risentimento e la volontà di vendetta, malattie tipiche del genere umano inferiore, potranno guarire, e si finirà di considerare il passato come uno stato di cose delle cui colpe si cercano ossessivamente i responsabili, progettando il futuro come rivalsa e occasione di vendette. Rivalse e vendette si sono sempre dimostrati espedienti inutili e crudeli, poiché veri responsabili non ce ne sono.
6.2. DIO È MORTO
Zarathustra é venuto per trascinare molti seguaci dellortodossia lontano dal gregge e dai pastori, spezzando le tavole dei valori. Unaltra grande verità di cui egli si fa messaggero è che Dio è morto. Dio è una supposizione delluomo, che, crollata, non dà più spazio a speranze ultraterrene. Si può tornare ad essere fedeli alla vita e alla terra, non cè più diavolo né inferno. Dio era una limitazione artistica per luomo, che si imbatteva in valori già belli e fatti, e ad essi doveva solo uniformarsi. È luomo, invece, che deve creare valori. Del resto, cosa gli rimarrebbe da inventare se esistessero gli dèi? La morte di Dio provoca la fine dei valori che consacravano il no inequivocabile alla vita terrena, la disistima di essa nella convinzione che vi fosse un mondo dietro il mondo, ovvero che vi fosse unaltra vita. Ha fine anche la presunzione che tutti gli uomini siano uguali davanti a Dio e a se stessi. Il messaggio che Zarathustra porta tra gli uomini Dio è morto, indica, secondo Klossowski, «la liquidazione definitiva del garante supremo del principio dellidentità»56. La correlazione tra morte di Dio ed eterno ritorno rende esplicita la scoperta che ogni identità è simulazione. «Le opposizioni lungo le quali si era soffermato il pensiero dialettico lasciano ora intravedere una stratificazione di livelli che ne esclude la netta contrapposizione e ne sfuma la fisionomia»57. Se tutto è apparenza, lo Stesso e lAltro non si ergono quali contrari irriducibili; lo stesso è sempre un altro, e mai lo stesso altro si dissimula sotto la stessa maschera, dunque nemmeno colui che crede di essere lo stesso è lo stesso in un processo imperituro di universalizzazione-disindividualizzazione58 che richiama la monotonia sadiana. Nel rifiuto assoluto di ogni referente, il carattere di parodia lascia emergere le dinamiche del travestimento quale attributo necessario dellesistenza. Dunque, la possibilità di una dimensione che sia immune dalla simulazione svanisce: tutte le cose sono fantasmi e simulacri.
La morte di Dio significa, ad un tempo, la fine di un approccio consolatorio al mondo e la rivelazione che la realtà si modella sulla legge originaria ed eterna della natura, la legge cioè dellincessante aumento di potenza.
6.2.1. LA DANZA E IL CANTO
Dio é morto. Zarathustra é il senzadio, che perciò consegue una nuova leggerezza, può danzare in catene liberamente e con leggiadria; è lo spirito libero tout court. «Può danzare, ridere e rovesciare le vecchie tavole dei valori, in opposizione ai dispregiatori del corpo, ai rassegnati, allo spirito di gravità (che impedisce agli uomini superiori di spiccare il volo)»59. È il trionfo del gioco, dellinfinita apertura sul possibile, cui rimanda la nozione di chance. Se Gesù e Budda erano saggi, salvatori, «Zarathustra è qualcosa di più: un seduttore, che rideva dei compiti che si era assegnato»60. Zarathustra non ha bisogno di fissare compiti, per sé o per i discepoli, così diviene il maestro di unemancipazione totale che non desidera inserirsi in un movimento politico limitato ma rivolgere lattenzione alle infinite possibilità della vita61. Zarathustra dice che potrebbe credere solo in un Dio che sappia danzare e «completa il suo annuncio profetico in questi termini: Morti sono tutti gli dèi: ora vogliamo che il superuomo viva»62.
6.3. L ÜBERMENSCH COME SUPERUOMO
Nietzsche, per bocca del suo Zarathustra, annuncia che finalmente non cè più un Dio che dica alluomo che cosa deve fare, e luomo, che sinora è stato una fune sospesa tra la bestia e il superuomo, può giungere a un suo superamento, a un oltre da sé, con un balzo, più che con una graduale evoluzione.
È opportuno aprire una digressione sullenorme suggestione prodotta, nella cultura letteraria del suo tempo e in quella nostra, dalla figura del superuomo. Gli amici del superuomo, dalla fine dell800 fino ai nostri giorni, sono innumerevoli, per lenorme influenza che hanno avuto le opere di Nietzsche, soprattutto il suo Zarathustra. Seguaci e avversari della filosofia nietzscheana spesso non si sono preoccupati di consultare le accurate ricerche critiche e biografiche compiute sul filosofo più controverso del XIX secolo, ma hanno preso spunto dal variopinto arsenale dei suoi scritti per ciò che poteva servire ai loro scopi63. Ciò è avvenuto in particolar modo per letterati, artisti, poeti e romanzieri, drammaturghi e filosofi dilettanti. Spesso non sono neppure pensieri ciò che essi hanno selezionato per i loro intenti, «ma solo formule, più o meno bizzarramente adattate. Una scimmia che tiene innanzi al muso una maschera di leone fregia la copertina di un libro di Leo Berg dedicato al superuomo nella letteratura moderna, uscito nel 1897»64. Gli amici del superuomo, da questo punto di vista, erano tutti, più o meno, «scimmie mascherate da leoni. Così parlò Zarathustra era lopera più letta: DAnnunzio e Knut Hamsun, Hermann Sudermann e Frank Wedekind, Richard Dehmel e Gerhart Hauptmann - tutti credono di sapere che cosa sia il superuomo»65. Si può sostenere invece che, come sempre in casi del genere, probabilmente molti equivoci hanno preso a circolare dopo le interpretazioni di ciò che ha detto Nietzsche da parte di autori suggestionati dal suo influsso. Nomi di autori importanti da ricordare sono quelli di Thomas Mann e Robert Musil, Heinrich Mann e Hermann Hesse; poi tutta la cerchia di Stefan George, e ancora Rainer Maria Rilke e Hugo von Hofmannsthal, Stefan Zweig e Gottfried Benn66. Ma è anche opportuno sottolineare che gli eventuali equivoci delle interpretazioni nietzscheane, hanno prodotto frutti importanti per larricchimento del panorama culturale e letterario del pensiero europeo.
6.3.1. L ÜBERMENSCH COME OLTRE UOMO
Per quanto riguarda lannuncio del superuomo fatto da Zarathustra, si deve evidenziare il ripetersi, in Also sprach Zarathustra, di parole con il prefisso Über-, rilevando come nel prefisso Über- ci sia lidea di potenziamento, ma con un rinvio costante al significato di rovesciamento che non può essere trascurato67. La caratteristica dellÜberwindung (superamento), convalida lipotesi che sia maggiormente adeguato tradurre Über Mensch come oltreuomo e non come superuomo68. Difatti, il protagonista di Also sprach Zarathustra, è un uomo che ha superato lasservimento alla morale e ai costumi dominanti e che trova, di volta in volta, in se stesso, la forza di andare oltre.
LÜbermensch non è più il presunto soggetto forte del cristianesimo, provvisto di libero arbitrio, capace di distinguere il bene dal male, e di scegliere luno o laltro con merito o colpa intenzionali. In realtà, lÜbermensch, non è più luomo soggiogato alla morale e, come tale, non potrà essere più giudicato e punito da Dio, cioè dal prete e dalle etiche dominanti. Loltreuomo accetta il destino della sua esistenza come si accetta la sorte di un lancio di dadi - secondo unimmagine nietzscheana ricorrente - e la destinazione (Geschick) di ciò che, generalmente, nella natura e nella storia, avviene, senza aver bisogno di principi di fede estrema, ammettendo, ma anche amando (lamor fati) una buona parte di caso, di assurdità69.
Così parla Zarathustra al popolo del mercato giunto per guardare il funambolo:
«Io vi insegno il superuomo. Luomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo?
Finora tutti gli uomini hanno creato qualcosa al di sopra di loro stessi: e voi volete essere il deflusso di questa grande marea e ritornare allanimale piuttosto che superare luomo?».
E ancora: «Ecco, io vi insegno il superuomo!
Il superuomo è il senso della terra. La vostra volontà dica: il superuomo sia il senso della terra!
Io vi scongiuro, fratelli miei, restate fedeli alla terra e non prestate fede a coloro che vi parlano di speranze ultraterrene! Sono avvelenatori, lo sappiano o no».
Dopo queste parole, il popolo si mette a ridere di Zarathustra e chiede di vedere il funambolo. Allora Zarathustra si meraviglia e dice:
«Luomo è una fune sospesa tra lanimale e il superuomo, - una fune sopra labisso.
Un pericoloso passare dallaltra parte, un pericoloso esser per via, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso inorridire e arrestarsi.
Quel che è grande nelluomo è che egli è un ponte e non una meta: quel che si può amare nelluomo e che egli è transizione e tramonto (was geliebt werden kann am Menschen, das ist, dass er ein Übergang und ein Üntergang ist).
Io amo coloro che non sanno vivere se non per tramontare, perché essi sono una transizione (Ich liebe die, welche nicht zu leben wissen, es sei denn als Untergehende, denn es sond die Hinübergehenden)»70.
Se Übergang esprime landare oltre lo Zwischenwesen, che sarebbe una creatura non ancora determinata, ovvero, una creatura ancora asservita alletica dominante, la volontà di tramonto (Untergang) diviene volontà di superamento (Übergang): unidea di transizione, resa dallimmagine di un andare al di là (oltre), che implica lidea del tramonto, resa dallimmagine dellandare in alto (il sole è alto significa il sole tramonta, e viceversa)71.
7. IL SUPERUOMO: L´UOMO TRASFORMATO COL MARTELLO
Luomo, dunque, non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza per giungere al superuomo: luomo che va oltre se stesso, il quale gravita soltanto su di sé ed è pronto ad affrontare lesperimento di nuove forme di vita, vincendo la paura del pericolo. «La nozione di superuomo è andata soggetta a molti fraintendimenti nel corso della storia e con il Nazismo il concetto è stato indebitamente esteso, passando da superuomo a super-razza. Nella sua autobiografia, Ecce homo, Nietzsche dà una definizione di superuomo come il tipo riuscito al massimo grado, radicalmente differente dalluomo moderno, buono, cristiano»72. Ma sarebbe un grave errore concepirlo come un eroe o una specie di mezzo santo e mezzo genio. Egli non è neppure lesemplare di una razza superiore di uomini (come invece è si è voluto interpretare dal Nazismo), quasi un altro anello della catena evolutiva della razza umana. Altrettanto sbagliato sarebbe considerarlo come una sorta di modello dai comportamenti e significati già definiti, da offrire al pubblico perché tutti possano copiare. In Ecce homo, Nietzsche stesso rifugge dalla possibilità di essere preso come modello dai suoi seguaci: Non cè nulla in me del fondatore di religioni: non voglio credenti, non parlo alle masse; ho paura che un giorno mi facciano santo. I timori di Nietzsche erano fondati, visto che, dopo la sua morte, venne esaltato come un santo. Ma ciò che a lui stava veramente a cuore era di non soffocare la creatività della vita riducendo la formazione di individualità irripetibili e irriducibili a denominatori comuni73.
Zarathustra indica una nuova volontà, la volontà libera, abile a creare il nuovo. La morte di Dio e la trasvalutazione dei valori lasciano alluomo la possibilità di oltrepassare se stesso e di protendersi in nuove direzioni, verso ciò che non è stato ancora svelato né verificato. Il superuomo, luomo che va oltre se stesso, con la sua volontà di potenza, sa che ogni creazione prevede distruzione: il nuovo può innalzarsi solo mediante lannientamento del vecchio e, dunque, mediante la sofferenza.
«Voi siete per me la pietra in cui dorme la più sublime delle immagini: non vi è altra pietra. E come il mio martello batte contro di voi, così voi dovete battere contro voi stessi! Il grido del martello ha da risvegliare limmagine addormentata!»74.
Si affaccia in questo brano il simbolo del martello come strumento operante metamorfosi esaltato da Nietzsche. Il martello racchiude in sé due significati, per i quali esso simboleggia sia un prezioso mezzo di valutazione e di conoscenza, sia un mezzo di trasformazione; quindi, al tempo stesso, di creazione e distruzione.
«Il superuomo non è al di là delluomo, non è qualcosa che lo trascenda. Il superuomo è nelluomo; e dalluomo vien fuori se egli riesce a trasformarsi. Contro ogni interpretazione che miri a riportare il superuomo entro unimpostazione metafisica tradizionale, quale idea platonica o imperativo kantiano, la metafora della pietra e dellimmagine è decisiva. Il superuomo è opera delluomo, nasce dalla sua capacità creativa. E non è un che di differente da lui, di non umano, ma è una possibilità delluomo, è ciò che luomo può diventare. [ ] La differenza è di forma: il superuomo è un uomo diversamente formato, un uomo trasformato»75.
Lopera di Nietzsche si conclude con il richiamo ad unaltra immagine simbolica ricorrente: il grande meriggio, che prospetta alluomo che saprà andare oltre se stesso, futuri fruttuosi e seducenti.
«Orsù! [ ] Questo è il mio mattino, il mio giorno incomincia: alzati, alzati, grande meriggio!
Così parlò Zarathustra e abbandonò la sua spelonca, ardente e forte come un sole mattutino che esce da scure montagne»76.
8. LA MORTE DELLULTIMO UOMO
Con la morte di Dio morirà, per Nietzsche, anche lultimo uomo, lo stadio finale della storia delluomo77, quelluomo che non riesce più a superarsi, che non sa accogliere la sfida tragica e innocente della vita. Morirà luomo smanioso di compensazione e di rivalse, luomo che vacilla di fronte allinsicurezza dellesistenza; luomo che, in preda al senso di colpa, sopravvive al prezzo di continue rassicurazioni di fronte alla paura del dolore e della morte. Morirà luomo incapace di trasformarsi, di essere aperto al divenire e al possibile, di accettare la sofferenza, la quale, al contrario di ogni sforzo, non si può eliminare, nemmeno seguendo le morali edonistiche o utilitaristiche del benessere. «Il benessere, come lo intendete voi - non è un fine, a noi sembra una fine! Uno stato che rende subito luomo ridicolo e spregevole - che fa desiderare la sua fine! La disciplina del dolore, del grande dolore - non sapete che solo questa disciplina ha creato finora ogni elevazione?»78. Essa è il dolore del parto, langoscia delle trasfigurazioni, il passaggio obbligato perché si raggiungano le più belle ed elevate opportunità dellanima79.
Non sarà facile accettare la nuova realtà, perché si tratta di una realtà priva di un Dio-protettore in cui credere. Ma, senza Dio, il mare davanti agli uomini sarà «aperto come non mai, pronto a navigazioni artistiche e spericolate, forse non troppo sereno, ma comunque di una vastezza incommensurabilmente maggiore a quando era sovrastato da Dio:
noi filosofi e spiriti liberi, alla notizia che il vecchio Dio è morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora; il nostro cuore ne straripa di riconoscenza, di meraviglia, di presagio, dattesa - finalmente lorizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non è sereno, finalmente possiamo di nuovo sciogliere le vele alle nostre navi, muovere incontro a ogni pericolo; ogni rischio delluomo della conoscenza è di nuovo permesso; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dinanzi, forse non vi è ancora mai stato un mare così aperto...»80.
9. LE MILLE SALVEZZE POSSIBILI NER REGNO DELLA TERRA
LÜbermensch è dunque luomo che si supera. E per questo, solo per questo, egli «ha una superiorità che gli altri uomini non hanno. Superamento, cioè Überwindung: è una parola chiave, e anche aspra, nel linguaggio di Nietzsche»81. Il termine Überwindung, rende lidea di una trasformazione che implica una torsione, una svolta. Oltre che superamento, dunque, significa vittoria, vittoria su di sé.
Il superuomo è un uomo che sa soffrire, che diviene capace delle sue qualità migliori, che sa prendere cura di sé e della sua diversità, che sa amare gli uomini e ama se stesso.
«Chi vuole diventare leggero, diventare un uccello, deve amare se stesso: - così vinsegno io», dice Zarathustra. «Ma non certo con lamore dei malati e degli assetati: giacché in loro puzza anche lamor proprio! Si deve imparare ad amare se stessi - così vinsegno - dun amore sano e integro: tanto da riuscire a rimanere con noi stessi e non girovagare altrove. Questo girovagare altrove si chiama amor del prossimo: meglio che con ogni altra si è mentito e simulato fino ad oggi con questa parola, e soprattutto da parte di quelli che a tutto il mondo riescono pesanti. E in verità, non è un comandamento per oggi e domani: imparare ad amarsi. È piuttosto la più sottile, la più astuta, la più paziente, lestrema di tutte le arti»82.
Lamore è ciò che conduce oltre gli abissi.
«Cè sempre un po di follia nellamore. Ma cè sempre un po di ragione nella follia. E anche a me, che ho cara la vita, farfalle e bolle di sapone e quel che di simile ad esse vè tra gli uomini sembrano più di tutti intendersi di felicità. Vedere queste animucce leggere, stolte, mobili, leggiadre svolazzare - seduce Zarathustra a lacrime e canti»83.
Lumanità deve imparare a essere felice, a volare con la stessa leggiadria delle farfalle; deve «tirare un frego sul suo passato, forse deve rivolgere a tutti gli individui il nuovo canone: sii diverso da tutti gli altri, e rallegrati se ognuno è diverso dallaltro»84.
Per troppo tempo si è predicato l«uno come tutti», l«uno per tutti»85. Luomo nuovo ha tante possibilità davanti a sé, dopo la morte di Dio86; mille salvezze sono ancora possibili. Il futuro predice eventi alitanti.
«Mille sentieri vi sono, che nessuno ha ancora percorso; mille salvezze e isole nascoste di vita. Inesauribili e inesplorati sono tuttora luomo e la terra delluomo»87.
«Rinfrescate allaperto la vostra accaldata petulanza», dice Zarathustra, «e placate il rumore del cuore! Davvero: se non diverrete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.[ ] Ma noi non vogliamo andare nel regno dei cieli: uomini siamo diventati, - quindi vogliamo il regno della terra»88.
La terra delluomo deve diventare un luogo di salute, non più il suo esilio o il suo deserto, ma la sua gioiosa dimora89.
E «già intorno a essa alita un profumo nuovo, che reca salute, - e una nuova speranza!»90.
Notas
1 FERRANTE, F (1996). Come parlò Zarathustra? Un retore per tutti e per nessuno (Nietzsche-Stirner), La Città del Sole, Napoli 1996.
2 Cfr. sullargomento: MILLI, M (2004). Nietzsche e il messaggio politico di Zarathustra, Giappichelli, Torino 2004; ZAVATTA, L (2007). Colpa, pena e presagi damore nellUmwertung di Nietzsche, ESI, Napoli, in cui sono da me approfondite le tematiche qui trattate.
3 Cfr. Sito Web Italiano per la Filosofia, Nietzsche. Un secolo di superuomini. Centanni fa moriva il grande filosofo, editoriale, La Repubblica, 1º Agosto 2000. Per un interessante approfondimento di questo tema alla luce della filosofia del fare, o praxeologismo, cfr. CAPOZZI, G (2003). I sistemi del fare dal nulla allessere. Economica. Etica. Politica, Jovene, Napoli, pp. 50-52. Nel paragrafo La vitalità come fare primordiale dellindividuo, è scritto: «Vitalità e individuo si immedesimano pur nella loro differenza per la proprietà della loro appartenenza al fare primordiale. Di ciò vi è consapevolezza in importanti indirizzi del pensiero [ ]. Si pensi al primo momento della Società civile di Hegel dove individualità e vitalità sono correlate nel Sistema dei bisogni con la propaggine dellegoismo che il filosofo tedesco deriva dal filosofo inglese che è il fondatore dellEconomia, vale a dire Adam Smith. Si ricordi la vitalità come impulso dallindividualità nella Praxis di Marx o la vitalità come Praxis dellindividuo nel secondo Croce o la Praxis nella filosofia di Gentile e di Gramsci. Si osservi che la Volontà di potenza di Nietzsche o la libido di Freud o la Sorge più col Besorgen che col Füsorge di Heidegger o l élan vitale di Bergson».
4 Cfr. ANZALONE, L & MINICHIELLO, G (1984). Lo specchio di Dioniso. Saggi su Giorgio Colli, Dedalo, Bari; ALFIERI, L (1984). Apollo tra gli schiavi. La filosofia sociale e politica di Nietzsche (1869-1876), Franco Angeli, Milano; SEMERARI, F (1994). Il gioco dei limiti. Lidea di esistenza in Nietzsche, I cap., Dimenticanza e radicamento, Dedalo, Bari; ROSS, W (2001). Nietzsche selvaggio, ovvero il ritorno di Dioniso, Il Mulino, Bologna; CHERUBINI, F (2004). Apollineo e dionisiaco alle origini della tragedia greca nella suggestiva interpretazione di Friedrich Wilhelm Nietzsche, Universum, Trento; BARILE, N (2005). Adescamenti. Nietzsche e la parola di Dioniso, Il Nuovo Melangolo, Genova.
5 Cfr. PENZO, G (1993). Nietzsche allo specchio, Laterza, Roma-Bari; KLOSSOWSKI, P (1981). Nietzsche e il circolo vizioso, tr. it. di E. Turolla, Adelphi, Milano.
6 BLANCHOT, M (1977). Linfinito intrattenimento. Scritti sullinsensato gioco di scrivere, tr. it. di R. Ferrari, Einaudi, Torino, p. 207. Cfr. su questo punto VOLPI, F (2000). I lumi e lombra lunga di Nietzsche, pubblicato su Repubblica, 8 dicembre. Gottfried BENN, scrive Volpi, pensava di poter dare una spiegazione alla coerente frammentarietà dellopera nietzscheana: «Adesso capisco perché Nietzsche scriveva per aforismi. Chi non vede più connessioni, più alcuna traccia di un sistema, può ancora procedere solo per episodi». La grandezza tragica di Nietzsche è proprio questa. Tuttavia, al contrario di Benn, «possiamo pensare che i suoi aforismi non siano frammenti sconnessi, ma tocchi cromatici di una composizione puntillista che fa vedere un intero [ ]. Ci troviamo oggi in una crisi antropologica. Ebbene, con la sua lapidaria affermazione che luomo è lanimale non ancora definito, Nietzsche lha anticipata tutta: lessere umano - ci ha fatto capire - è esposto ed aperto a due estremi ugualmente rischiosi per il suo comportamento, la spaventosa naturalezza delle sue pulsioni e la sconfinatezza del suo ragionare».
7 Cfr. DIDIER, F (2002). Nietzsche e lombra di Dio, a cura di DOriano P., tr. da N. Cantatore, Lithos, Roma.
8 NIETZSCHE, F (2003). Genealogia della morale, da Opere filosofiche di F.W. Nietzsche, Classici della filosofia, collezione fondata da N. Abbagnano, diretta da T. Gregory, Prefazione, a cura di S. Giametta, vol. secondo, Utet Torino, Terza dissertazione, 27, p. 380. Cfr. sullargomento PENZO, G (1975). Friedrich Nietzsche. Il divino come polarità, Patron, Bologna.
9 Ibíd., 27, p. 381.
10 Ibidem.
11 GIAMETTA, S (s/f). Lo Zarathustra di Nietzsche, della Red.Emsf-Rai (2ª parte), Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, www.emsf.rai.it; GIAMETTA, S (1997). Erminio o della fede. Dialogo con Nietzsche di un suo interprete, Spirali/Vel, Milano; GIAMETTA, S (2006). I pazzi di Dio. Croce, Heidegger, Schopenhauer, Nietzsche e altri, La Città del Sole, Napoli.
12 Cfr. ALFIERE, L & CORRADINI, D (1992). Abissi. Meditazioni su Nietzsche, Giuffrè. Cfr. anche ALFIEREI, L (1984). Nel labirinto. Quattro saggi su Nietzsche, Giuffrè, Milano 1984
13 NIETZSCHE, F (2003). Crepuscolo degli idoli, da Opere filosofiche di F.W. Nietzsche, Classici della filosofia, collezione fondata da N. Abbagnano, diretta da T. Gregory, Prefazione, a cura di S. Giametta, vol. secondo, Utet Torino, La ragione nella filosofia, 6, p. 430.
14 Cfr. su questo argomento SEMERARI, F (1994). Il gioco dei limiti. Lidea di esistenza in Nietzsche, Dedalo, Bari.
15 GIAMETTA, S (s/f). Op. cit.
16 Ibíd., Cfr. sul tema, CASINI, L (1990). La riscoperta del corpo. Schopenhauer, Feuerbach, Nietzsche, Studium, Roma.
17 HEIDEGGER, M (1994). Nietzsche. Adelphi Edizioni, Milano, pp. 603-604.
18 Ibíd., p. 609.
19 NIETZSCHE, F (1969). Così parlò Zarathustra, 4.11, Traduzioni di Paul Harrison, ediz. Karl Schlechta, Ullstein, Frankfurt.
20 NIETZSCHE, F (2003). Al di là del bene e del male, da Opere filosofiche di F.W. Nietzsche, Classici della filosofia, collezione fondata da N. Abbagnano, diretta da T. Gregory, Prefazione, a cura di S. Giametta, vol. secondo, Utet Torino, Lo spirito libero, 42-43, p. 64.
21 Ibidem.
22 Ibíd., 44, p. 67.
23 Ibíd., Noi dotti, 212, p. 137.
24 Su queste tematiche cfr. le argomentazioni di HEIDEGGER, M (1994) Op. cit., pp. 21-391. «La dottrina delleterno ritorno delluguale è intimamente connessa con la dottrina della volontà di potenza. Questa dottrina, nella sua unitarietà, si autocomprende storicamente come trasvalutazione di tutti i valori finora in vigore». Ma in che senso, chiede Heidegger, la dottrina delleterno ritorno delluguale e quella della volontà di potenza sono connesse essenzialmente? «Nietzsche pensa il pensiero più grave, pensa e contempla lessere, cioè la volontà di potenza, come eterno ritorno. Che cosa significa questo preso in senso molto lato ed essenziale? Significa leternità non come un ora che resta fermo, né come una successione che si sviluppa allinfinito, ma come lora che si ripercuote su se stesso: ma che cosa mai è questo se non lessenza occulta del tempo? Pensare lessere, la volontà di potenza, come eterno ritorno, pensare il pensiero più grave della filosofia, significa pensare lessere come tempo. Nietzsche pensò questo pensiero, ma non lo pensò ancora come la questione di essere e tempo. Anche Platone e Aristotele pensarono questo pensiero quando concepirono lessere come ïõóßá (presenza), ma, al pari di Nietzsche, non lo pensarono affatto come questione». Ivi, p. 35. Baeumler, osserva Heidegger, ritiene che possa valere solo una delle due dottrine: «o la dottrina delleterno ritorno o la dottrina della volontà di potenza». BAEUMLER, A (1931). Nietzsche. Der Philosoph und Politiker, Reclam, Leipzig, p. 80. Questa sua affermazione è spiegata dalla seguente motivazione: «la volontà di potenza è divenire, lessere viene concepito come divenire; è la vecchia dottrina di Eraclito del fluire delle cose, ed è anche lautentica dottrina di Nietzsche. Il suo pensiero delleterno ritorno non può non negare lillimitato flusso del divenire. Questo pensiero introduce nella metafisica di Nietzsche una contraddizione. Dunque, o soltanto la dottrina della volontà di potenza o soltanto quella delleterno ritorno può determinare la filosofia di Nietzsche». Ma il concetto del divenire nel senso dello scorrere via «è talmente superficiale che non può essere attribuito senzaltro a Nietzsche. [ ] le riflessioni di Baeumler sul rapporto tra le due dottrine non riescono a penetrare, da nessuna parte, nellambito delleffettivo domandare, e invece la dottrina delleterno ritorno, in cui egli paventa un egittismo, va contro la sua interpretazione della volontà di potenza, che, nonostante parli di metafisica, egli non comprende in senso metafisico ma interpreta in senso politico. [ ] [Invero] se Nietzsche fu il pensatore che è, lesibizione della volontà di potenza doveva ruotare costantemente entro il pensiero dellessere dellente, cioè, per lui, delleterno ritorno delluguale». HEIDEGGER, M (1994). Op. cit., pp. 35-38.
25 HEIDEGGER, M (1994). Op. cit., pp. 348-349.
26 Cfr. lopera giovanile che preannuncia il tema della volontà di potenza: NIETZSCHE, F: La teologia a partire da Kant, a cura di M.B. Guerri, Mimesis, 1999; MANNO, A (1996). La volontà di potenza in Nietzsche e la storia dellEuropa negli ultimi tempi, Japadre, LAquila-Roma; NOLTE, E (1991). Nietzsche e il nietzscheanesimo, tr. di M. Nardi - S. Brunelli - N. Paoli, Sansoni, Firenze. Su questo argomento B. ROMANO scrive: «La costruzione delluomo-signore è presentata come un umanizzare il mondo [che] significa sentircene sempre più padroni (NIETZSCHE, F (1996). La volontà di potenza, Milano, p. 336) mediante la certitudo dellidea matematica, che alimenta la tecnica come essenza della scienza moderna. Heidegger commenta questa affermazione di Nietzsche considerando che umanizzare vuol dire qui configurare il mondo secondo il modello del super-uomo e pertanto comporta non tanto la sostituzione di Dio con luomo (nichilismo imperfetto), ma la costruzione del mondo secondo linversione dei valori, ovvero secondo labbandonarsi alla volontà di potenza che pone i valori solo come punti di vista del suo stesso accrescimento (nichilismo perfetto), senza né alcun perché, né alcuno scopo. Tragicamente, questo specifico diventare padroni del mondo vuol dire per luomo il suo consumarsi come un nulla (nihil), divenendo post-uomo, luogo vuoto e servile della potenza di Nessuno; limmagine del super-uomo svela dunque il suo compimento nel post-uomo, nella fine delluomo, comportando una radicale trasformazione del fenomeno della giuridicità». ROMANO, B (2006). Scienza giuridica senza giurista: il nichilismo perfetto, Giappichelli, Torino, cap. II, Essenza del nichilismo e diritto, p. 85.
27 Cfr. EVOLA, J (2000). Il nichilismo attivo di Federico Nietzsche, Settimo Sigillo, Roma; SORRENTINO, S (2005). Nichilismo e questione del senso. Da Nietzsche a Derida, Aracne, Roma.
28 CAPPELLETTI, FA(1984). Differenza e potere. La politica nel pensiero post-moderno, Franco Angeli, Milano, pp. 18-19; cfr. DELEUZE, G (1973). Nietzsche, tr. it. di F. Rella, Bertani, Verona, p. 39.
29 BLANCHOT, M (1967). Lo spazio letterario, tr. it. di G. Zanobetti, Einaudi, Torino, pp. 24-33.
30 DELEUZE, G (1978). Nietzsche e la filosofia, tr. it. G. Vattimo, Capolrtage, Firenze, p. 265.
31 CAPPELLETTI, FA (1984). Op. cit., p. 12.
32 FÖRSTER, E & NIETZSCHE, F (1927). Introduzione a Trasmutazione di tutti i valori, da Opere complete di Federico Nietzsche, tr. it. di A. Treves, Prefazione di R. Oehler, Monanni, Milano, X, p. 25. Elisabetta Förster richiama in queste pagine una lezione su Nietzsche tenuta dal professor Raoul Richter.
33 Nietzsche da ragazzo, come racconta sua sorella, sembra che abbia scritto: A dodici anni io ho veduto Dio nel suo splendore. Forse «fu precisamente la sua profonda pietà e religiosità, la quale non poteva trovare soddisfazione nel cristianesimo odierno, il motivo per cui sin dalla sua adolescenza [egli] si allontanò sempre più da questo. Cfr. FÖRSTER, E & NIETZSCHE, F (1927). Op. cit., p. 18.
34 Ibidem.
35 Ibidem.
36 NIETZSCHE, F (1970). LAnticristo, tr. it. di F. Masini - R. Calasso, Milano, Adelphi, 3. Per un approfondimento delle tematiche trattate cfr. ALFIERE, L & CORRADINI, D (1992). Op. cit., cap. IV, Cristianesimo e grande politica, pp. 183-232.
37 NIETZSCHE, F (1964). Frammenti postumi 1880 -1881, tr. it. di F. Masini, M. Montinari, Adelphi, Milano, 3[59].
38 Ibidem.
39 Ibidem.
40 Ibidem.
41 COLLI, G (1978). Dopo Nietzsche. Come si diventa un filosofo, Bompiani, Milano, p. 174. [ Links ]
42 Nietzsche in Sullavvenire delle nostre scuole, trasporta la contrapposizione burckhardtiana tra cultura e Stato nel suo presente, mostrando come, ai suoi giorni, la cultura sia soccombente di fronte allo Stato, e «come lestendersi dellistruzione da un lato, e il suo indebolirsi e specializzarsi dallaltro, portino fatalmente a una totale subordinazione della cultura allo Stato. Nietzsche sembra proporre la speranza di poter invertire questa tendenza. Forse pensava a gruppi di resistenza, allunione di individui in nome dellinattualità, alla restaurazione di un classicismo non universitario». COLLI, G (2006). Nota introduttiva di G. Colli, Adelphi, Milano, pp. X-XI.
43 COLLI, G (1978). Op. cit., p. 174. La lista sarebbe lunga, aggiunge Colli, «Nietzsche è un esempio clamoroso, emblematico, di questo destino. Ed eccezionale è il suo pudore, la lotta temeraria, disperata, di chi si sente destinato a soccombere, eppure tenta di mascherare la sua sorte».
44 Ibíd., p. 175.
45 JASPERS, K (1996). Nietzsche. Einführung in das Verständnis seines Philosophierens, tr. it. Nietzsche. Introduzione alla comprensione del suo filosofare, a cura di L. Rustichelli, Mursia, Milano, p. 405.
46 Ibíd., p. 407.
47 Ibíd., pp. 408-414.
48 Cfr. sullargomento, LÖWITH, K (2000). Da Hegel a Nietzsche, Einaudi, Torino; LÖWITH, K (2000). Dio, uomo e mondo nella metafisica da Cartesio a Nietzsche, Donzelli, Roma.
49 JASPERS, K (1946). La mia filosofia, Einaudi, Torino, pp. 60-72. Per Jaspers, in Nietzsche «cè un nuovo modo di filosofare, che non diventa sistema di pensiero perfettamente elaborato. Quello che egli volle e fece, rimane sempre aperto e indeciso. Egli è come un eterno ricominciare da capo [ ] luomo nel suo divenire». Ivi, p. 72. Giametta osserva, invece, che Nietzsche per tutta la vita sogna «lHautptwerk, lopera fondamentale, sogna cioè di essere, di diventare filosofo sistematico, pur disprezzando la filosofia sistematica e pur contestando ai filosofi sistematici di scrivere solo delle memorie personali quando scrivono i loro sistemi.». GIAMETTA, S (2003). Introduzione a LAnticristo, in Opere filosofiche di F.W. Nietzsche, Classici della filosofia, collezione fondata da N. Abbagnano, diretta da T. Gregory, vol. secondo, Utet Torino, p. 504.
50 Cfr. PENZO, G (1999) (a cura di). Nietzsche. Atlante della sua vita e del suo pensiero, Rusconi, Santarcangelo, voce Scienza di Vereno Brugiatelli, p. 320 ss.
51 NIETZSCHE, F (2003). Op. cit., Per la storia naturale della morale, 203, pp. 120-121.
52 NIETZSCHE, F (1986). Così parlò Zarathustra, tr. it. A.M. Carpi, Bompiani, Milano, p. 167. Fissando linteresse sul capitolo Il convalescente, Deleuze evidenzia la tecnica «di teatralizzazione che lo sottende e di cui Nietzsche si serve per mettere in scena due nozioni diverse di eterno ritorno. Soltanto la seconda è autenticamente antimetaforica e si esprime attraverso il silenzio e la presa di distanza nei confronti della prima. Astuzia stilistica per evitare la banalità del tutto torna, in unennesima riproposizione del pensiero ciclico, quindi della logica dellidentità e della negazione». Questo recitano gli animali di Zarathustra: «Tutto sallontana, tutto ritorna; eterna gira la ruota dellessere. Tutto muore, tutto rifiorisce, eterno fluisce lanno dellessere. Tutto si spezza, tutto viene riconnesso; eternamente si edifica la casa dellessere, sempre la stessa. Tutto si separa, tutto sincontra di nuovo; eternamente fedele a se stesso è lanello dellessere. In ogni istante ha principio lessere; attorno ad ogni qui ruota la sfera là. Dappertutto è il centro. Curvo è il sentiero delleternità». NIETZSCHE, F (1986). Op. cit., p. 232.
53 Ibíd., p. 235.
54 DELEUZE, G (1978). Op. cit., p. 82.
55 Sullinteressante tematica del divenire cfr. SCARDAONI, F (1945). Nietzsche e lo spirito dellavvenire, Milano; DELEUZE, G (1999). Divenire molteplice. Nietzsche, Foucault ed altri intercessori, Ombre Corte, Verona; VATTIMO, G (2005). Introduzione a Nietzsche, Laterza, Bari; CECCHINI, A (2003). Il divenire innocente in Friedrich Nietzsche, Glossa, Milano.
56 CAPPELLETTI, FA (1984). Op. cit., p. 15. Cfr. KLOSSOWSKI, P (1981). Op. cit., p. 201; DELEUZE, G (1979). Logica del senso, tr. it. di M. de Stefanis, Feltrinelli, Milano, pp. 223 e ss.
57 Ibidem.
58 DESCOMBES, V (1979). Le méme et lautre. 45 ans de philosophie française (1933-1978), Minuit, Paris, p. 213.
59 Cfr. FUSARO, D (s/f). La Filosofia e i suoi eroi. Federico Nietzsche, sito web (a cura di); FUSARO, D (2007). La farmacia di Epicureo. La filosofia come terapia dellanima, Il Prato, Padova.
60 BATAILLE, G (1980). Su Nietzsche, tr. it. di A. Zanotto, Cappelli, Bologna, p. 121.
61 Cfr. BATAILLE, G (1972). Nietzsche e i fascisti, Il Verri, n. 39/40, 1972, pp. 9-13.
62 Cfr. FUSARO, D (s/f). Op. cit.
63 MONTINARI, M (1975). Che cosa ha veramente detto Nietzsche, Astrolabio-Ubaldini, Roma, p. 140.
64 Ibidem.
65 Ibidem.
66 Ibidem.
67 NAUMANN, G (1899-1901). Zarathustra-Commentar, Leipzig, I, pp. 52-53.
68 Cfr. VATTIMO, G (1974). Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione, Milano 1974, riediz. Bompiani, Milano 2003; VATTIMO, G (2001). Le avventure della differenza. Che cosa significa pensare dopo Nietzsche e Heidegger, Garzanti, Milano. VATTIMO, G (2003). Nichilismo ed emancipazione. Etica, politica, diritto, Garzanti, Milano; VATTIMO, G & SANTIAGO, Z (2005). Nichilismo e religione, Casini, Cesena. VATTIMO, G (2005). Introduzione a Nietzsche, Laterza, Bari-Roma. VATTIMO, G (2007). Ecce comu. Come si ri-diventa ciò che si era, Fazi, Roma.
69 Secondo Vattimo, Nietzsche, prima di Heidegger, (il quale lo porterà al compimento), procede allindebolimento dellessere, che poroso e continuamente decifrato e decifrabile, diventa una deriva destinale, lontana anni luce dal solido monolite autoevidente dellessere di Parmenide. Vattimo afferma il non senso del termine superuomo, il quale racchiuderebbe un significato dannunziano che non è confacente al pensiero di Nietzsche, tanto è vero che loltreuomo nietzscheano «si manifesta come una forma di umanità collocata totalmente oltre luomo così comè oggi». Cfr. VATTIMO, G (1974). Op. cit., p. 283. Oltre Vattimo, anche Cacciari e Severino collegano alle teorie nietzscheane il loro pensiero debole, ritenendo che non sarebbe possibile pensare la postmodernità senza Nietzsche. Per Cacciari lÜbermensch nietzscheano «Non è luomo superiore allennesima potenza; è il totalmente altro rispetto a ogni determinata affermazione di forza o potenza». Cfr. CACCIARI, M (1994). Geofilosofia dellEuropa, Adelphi, Mlano, 4ª ed. Per SEVERINO, E: «Il superuomo non è un individuo che per definizione è qualcosa rispetto a cui il mondo è esterno e indipendente; non è un io o una coscienza individuale, ma è il pensiero più potente, che è insieme la volontà più potente; il dire sì alla vita che, come eterno piacere del divenire, è anche il piacere dellannientamento di ogni individualità: la dimensione del dionisiaco che dice di sì a se stessa». SEVERINO, E (1993). Lanello del ritorno. Adelphi, Milano, p. 393. Cfr. anche E. SEVERINO, E; PIERETTI, A & LOMBARDI SATRIANI, LM (2006). Il problema del fondamento e la filosofia italiana del Novecento, Aracne, Roma; SEVERINO, E (2006). La filosofia futura. Oltre il dominio del divenire, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, Milano. SEVERINO, E (2006). Il muro di pietra. Sul tramonto della tradizione filosofica, Rizzoli, Milano.
70 NIETZSCHE, F (1986). Così parlò Zarathustra, tr. it. A.M. Carpi, Bompiani, Milano, pp. 20-22.
71 NEGRI, A (1978). Nietzsche. Storia e cultura, Armando, Roma, pp. 94-95.
72 Cfr. FUSARO, D (s/f). Op. cit.
73 Ibidem.
74 NIETZSCHE, F (1973). Note al testo, p. 443.
75 ALFIERE, L & CORRADINI, D (1992). Op. cit., pp. 368-369.
76 NIETZSCHE, F (1986). Op. cit., p. 344.
77 ALFIERE, L & CORRADINI, D (1992). Op. cit., p. 375.
78 NIETZSCHE, F (2003). Op. cit., Le nostre virtù, 225, p. 149.
79 Cfr. sullargomento: FORTUNATO, M (1994). Il soggetto e la necessità. Akronos, Leopardi, Nietzsche e il problema del dolore, Guerini a Associati, Milano; REGINA, U (1988). Luomo complementare. Potenza e valore nella filosofia di Nietzsche, Morcelliana, Brescia; NEGRI, A (1994). Interminati spazi ed eterno ritorno. Nietzsche e Leopardi, Le Lettere, Firenze; PAJAK, F (2004). Limmensa solitudine con Friedrich Nietzsche e Cesare Pavese, Graphot, Torino.
80 Cfr. FUSARO, D (s/f). Op. cit.
81 ALFIERE, L & CORRADINI, D (1992). Op. cit., pp. 372-373.
82 NIETZSCHE, F (1986). Op. cit., p. 204.
83 Ibíd., p. 51.
84 NIETZSCHE, F (1964). Op. cit., p. 3[98].
85 Ibidem.
86 NIETZSCHE, F (1987). Op. cit., cit., p. 343.
87 NIETZSCHE, F (1986). Op. cit., p. 87. La traduzione, in questi versi, si allontana di poco da quella del testo.
88 Ibíd., p. 331.
89 Su questa interessante tematica cfr. LOMBARDI VALLAURI, L (1990). Terre. Terra del nulla, terra degli uomini, terra delloltre, Vita e pensiero, Milano.
90 NIETZSCHE, F (1987). Op. cit., p. 343.
Referencias Bibliográficas
1. COLLI, G (1978). Dopo Nietzsche. Come si diventa un filosofo. Bompiani, Milano, p. 174.
2. DESCOMBES, V (1979). Le méme et lautre. 45 ans de philosophie française (1933-1978). Minuit, Paris, p. 213. [ Links ]
3. FERRANTE, F (1996). Come parlò Zarathustra? Un retore per tutti e per nessuno (Nietzsche-Stirner). La Città del Sole, Napoli 1996. [ Links ]
4. HEIDEGGER, M (1994). Nietzsche. Adelphi Edizioni, Milano, p. 603-604. [ Links ]
5. MONTINARI, M (1975). Che cosa ha veramente detto Nietzsche. Astrolabio-Ubaldini, Roma, p. 140. [ Links ]
6. NEGRI, A (1978). Nietzsche. Storia e cultura. Armando, Roma, p. 94-95. [ Links ]